Il calo delle nascite e il conseguente invecchiamento della popolazione è destinato ad avere più di un riflesso negativo sul futuro dell’Italia. E’ quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre, sempre puntale nell’analizzare ciò che accade nel paese, sia dal punto di vista economico che da quello sociale.
La prima ricaduta negativa sarà sul mondo del lavoro. Nei prossimi 10 anni le persone tra i 15 e i 64 anni, cioè in età lavorativa, che oggi sono 37,5 milioni diminuiranno di 3 milioni di unità (-8,1%).
Calo concentrato al Sud
Il calo è concentrato al Sud. La Basilicata, con il 14,6% di persone in età lavorativa in meno, è la regione con la maggior riduzione. Seguita dalla Sardegna (-14,2%), dalla Sicilia (-12,8%) e dalla Calabria 8-12,7%).
Più contenuto il calo al Nord, dove la diminuzione sarà del 3,4% in Lombardia, del 3,1% in Trentino-Alto Adige e del 2,6 % Emilia Romagna.
L’unica provincia italiana in controtendenza è Prato, con un aumento dello 0,75%. Ma questo si spiega con l’anomalia costituita dalla massiccia presenza di una comunità di cinesi immigrati.
La diminuzione della popolazione attiva non avrà conseguenze solo sul mercato del lavoro. Se per i nostri giovani sarà più facile trovare un’occupazione, sarà inevitabile che ci sia un aumento degli immigrati per coprire i buchi lasciati da chi è andato in pensione. Ma non sarà così automatico, perché se ciò non potrà funzionare per i lavori più qualificati.
Calo popolazione in età lavorativa è calo anche del Pil
Sarà inevitabile una contrazione strutturale del Pil, data dal fatto che i giovani hanno meno possibilità di spesa, mentre gli anziani consumano di meno. Tra le conseguenze del calo demografico e dell’anzianizzazione è prevedibile un calo del valore immobiliare, della spesa per i trasporti, la moda e il turismo. Gli unici che potrebbero avvantaggiarsi, osserva la Cgia, saranno gli istituti di credito, in quanto gli anziani hanno una maggior propensione al risparmio e quindi aumenterà il volume dei depositi nelle banche.
Delle 107 province tra il 2024 e il 2034 sarà Agrigento quella col maggior calo della popolazione lavorativa: -22,1%, in termini assoluti -63.330 unità.
La situazione a Verona
Verona è una delle province messe meglio in Italia e quella con la situazione decisamente meno preoccupante di tutto il Vento. E’ al 92° posto con una diminuzione di 22,249 unità in età lavorativa, pari al 3,75%. Seguita da Padova, al 68° posto, con una diminuzione prevista di poco meno di 40 mila unità pari al 6,74%. Rovigo quella messa peggio tra le province venete: è al 29° posto con un calo previsto di già di 16 mila unità pari al 12,01%. Meglio di Verona nel Nord Est solo Trento e Bolzano. Milano, Bologna, Parma, Mantova e Modena a livello nazionale.