«A riveder le stelle» è il progetto curato dall’Istituto «Carlo Anti» di Villafranca e dedicato all’insegnamento dell’Italiano per alunni stranieri attraverso la Divina Commedia. La presentazione in sala Giunta del Comune di Villafranca. E’ questo un modo innovativo per celebrare i settecento anni dalla scomparsa di Dante Alighieri, un esempio autentico di diffusionismo culturale che si configura come un mezzo per veicolare attivamente valori, rendere migliore la comunicazione [così limitata dalla didattica a distanza di questi mesi], assieme alla formazione di una cittadinanza attiva e partecipata che valorizzi le diverse culture all’interno del nostro sistema educativo.
«Nell’anno delle celebrazioni dantesche – spiega il sindaco Roberto Dall’Oca – l’Amministrazione comunale ha voluto sottolineare la portata di tale progetto per il territorio, una dimostrazione dell’importanza di valori come l’inclusione e l’integrazione».
I versi di Dante hanno precisi livelli di lettura e possiedono una propria valenza di tipo metrico, sintattico, lessicale, fonico e simbolica: sono infatti testi nati per formare discenti a cui appartenevano competenze linguistiche adeguate. Tuttavia, proprio per questo, tali versi sono nati anche per educare, per unire e infondere il piacere di essere assaporati, anche partendo da un altro livello di conoscenza linguistica.
«E’ tra i progetti che saranno inseriti nel calendario delle manifestazioni ufficiali di Verona e provincia – spiega l’assessore Anna Lisa Tiberio -. Quando si usa un testo così importante per entrare nel tessuto relazionale dei ragazzi, vuol dire che la scuola ha raggiunto l’obiettivo formativo. All’Anti da tempo sono molto sensibili alla scelta di inclusione scolastica e integrazione, principi che richiamano la nostra Costituzione ma anche in sintonia con quanto espresso nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e all’interno dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile».
«Un progetto valido per l’accoglienza degli alunni e per la tematica che risulta essere molto attuale – aggiunge Giuseppe Venturini – delegato dell’Ufficio Scolastico – e che il Direttore Albino Barresi si è detto disponibile per promuovere tale buona prassi all’interno delle scuole del territorio veronese».
Il prof. Lamberto Scolari ha illustrato il progetto strutturato in quattro parti: la lettura facilitata dei canti dell’Inferno; una parte dedicata alla comprensione del testo; alcune schede operative per l’apprendimento della grammatica e della sintassi italiana per principianti della lingua e infine una parte dedicata agli approfondimenti storico-culturali relativi alla nostra nazione.
«Tutto nasce dal dramma dei ragazzi non italofani che si trovano in Dad con davanti un testo che non capiscono. Il nostro compito è di aiutarli nel comprendere quello in cui tutti i giorni sono catapultati. E cerchiano di farlo anche con Dante che diventa un buon pretesto per iniziare a insegnare la comunicazione della nostra lingua, la sintassi che i ragazzi trovano tutti i giorni sui libri di scuola. Si approfondisce non solo l’incontro di Dante coi personaggi ma anche un po’ di cultura italiana. Poi si dà un’infarinatura storica, ricordando quanto accaduto in quel periodo. Spendiamo i nostri pomeriggi ad occuparci di questo. Il progetto si sta sviluppando ulteriormente anche attraverso due ex-alunne pakistane che stanno predisponendo una versione semplificata in lingua hurdu dell’Inferno, corredata da loro illustrazioni. Per loro questa attività sta diventando l’unico modo per parlare e dialogare in italiano. Dopo la maturità hanno già perso un bel po’ della lingua e di quello che avevano imparato».
Già durante la primavera dello scorso anno, durante il primo diffondersi della pandemia, è scaturita l’opportunità di promuovere un progetto importante sulla lettura dei classici della nostra lingua; poi è sopraggiunta l’opera dantesca come opportunità per apprendere le competenze linguistiche e comunicative. Gli utenti del progetto sono, infatti, una decina di studenti di diverse nazionalità iscritti all’Istituto Anti: quattro indiani, due albanesi, una cinese, due pachistani, un rumeno. «Ci diamo da fare per accogliere, motivare, dare qualcosa di sostanzioso che riesca a fare crescere i nostri ragazzi, italiani e stranieri – spiega la dirigente Lia Artuso -. Qui abbiamo voluto metterci anche una nota di cultura, fuori dai limiti spaziali e temporali. I ragazzi lo colgono, capiscono che viene dato un modo per crescere e introdursi sempre più nella comunità. Da anni portiamo avanti l’attività pomeridiana di italiano, sfruttando anche i nostri studenti grandi che fanno da tutor e coadiuvano i professori Scolari e Marchesini per offrire appigli culturali agli studenti stranieri».