I giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola sono stati 465.0001, l’11,5 %. Quelli che se ne sono andati all’estero, 55.5002. In Veneto la situazione è un leggermente migliore. La dispersione scolastica è stata di 32 mila ragazzi, pari al 9,5% mentre i cervelli in fuga sono stati 5.041. Nelle regioni del Sud la situazione peggiore.
La povertà fa abbandonare la scuola
I dati sono dell’ufficio studi della Cgia di Mestre e si riferiscono al 2022, l’ultimo anno di cui è possibile avere i numeri. La dispersione scolastica è una piaga educativa che ha un costo sociale spaventoso, anche in prospettiva. Alla base la povertà economica e culturale oltre che dall’insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile.
La fuga dei cervelli è un danno per la crescita del paese ed un disastro per l’investimento che è stato fatto su ciascuno di lordato che verrà messo a frutto da altri e no creerà ricchezza né progresso per l’Italia.
L’Italia, rispetto ai principali partner europei ha meno diplomati e di laureati, soprattutto in materie scientifiche. Fatto che rischia di farci rimanere indietro. E’ l’intero sistema scolastico che va rivisto: materie inutili, perdite di tempo, poca considerazione per gli istituti professionali, che sono quelli in grado di rispondere meglio e più rapidamente ale esigenze del mercato del lavoro.
E’ a questi istituiti che secondo gli artigiani di Mestre andrebbero destinate più risorse in quanto sono oggi un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici precedenti. E proprio per questi motivi svolgono un’importantissima finzione anti-dispersiva.
Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione professionale commenta così questi dati.
“I nostri ragazzi sono talmente ben formati, le nostre scuole sono talmente eccellenti che le opportunità a loro non mancano. Ciò che dobbiamo provare a fare però è non perdere l’investimento. Non si possono trattenere a forza ovviamente, ma bisogna dare opportunità altrettanto rilevanti, interessanti per loro e le loro carriere. E su questo il mondo privato e delle imprese deve riflettere perché gli investimenti fatti su i nostri ragazzi e le loro intelligenze sono uno sforzo corale di pubblico e privato”.
“Una riflessione però deve essere fatta a monte di tutto questo ragionamento. Ed è che i messaggi dati negli ultimi 30 anni sono stati devastanti. Abbiamo solo assistito al parlar male dell’Italia – rileva Elena Donazzan-. Come possiamo allora pretendere poi che i nostri giovani dicano che preferiscono rimanere se quello che abbiamo raccontato del nostro sistema paese e dell’Italia era solo negativo? Perché non abbiamo raccontato della bellezza delle nostre imprese, delle opportunità rilevanti di essere nel più bel paese del mondo, di essere fieri della propria identità? Solo cosi si può fare in modo che scelgano l’Italia e non di andare all’estero”.