(di Gianni Schicchi) E’ iniziato, sotto buoni auspici, il ciclo dei quattro concerti sinfonici che la Fondazione Arena dedica in questa primavera all’integrale dell’opera brahmsiana. Il primo di questi ha visto esibirsi un trio di musicisti giovani e giovanissimi, ma fermamente intenzionati ad affermarsi nel Doppio Concerto per violino e violoncello op. 102 e con la Prima Sinfonia op. 68.  

Il Doppio Concerto gode sempre di scarse attenzioni, non fosse altro perché il problema interpretativo, con più solisti, è costituito dall’equilibrio espressivo che tra loro sanno instaurare. Capita infatti che all’esposizione tematica di un solista, l’altro debba rispondere “salendo” di un gradino espressivo. Se si sbaglia per eccesso di espressività si finisce per perdere il senso della coesione drammatica. Nell’inquadrare la partitura vanno dunque prese in considerazione le contraddizioni che una sfida così rischiosa inevitabilmente può comportare e la difficoltà nell’avvicinare due voci così diverse, senza che si creino prevaricazioni tra loro.

Giovanni Andrea Zanon al violino e Luca Giovannini al violoncello, non si sono per così dire “sfidati” a chi suona con più intensità espressiva, senza curarsi se il loro dialogare sia finito per perdere la direzione nel sentiero drammatico vergato da Brahms. Anzi, e intelligentemente, ne hanno saputo cogliere in pieno il senso di “ballata” sinfonica, librata nell’interiore ricchezza, fra abbandono ed ironia, fra malinconia e tenerezza, nell’ineccepibile impalcatura formale e nel serrato sviluppo della trama. Bravi davvero nella sottolineatura delle arcate di semifrase, senza effetti eccessivi che altrimenti avrebbero potuto fermare la progressione drammatica della musica. 

La direzione di Diego Ceretta dal canto suo, nei momenti di libertà, ha cercato di rinsaldare la narrazione musicale del Doppio Concerto riprendendo il tempo base per evitare ogni possibile autoreferenzialità dei due solisti. Ed è bastato poco a lui per farsi notare: i due accordi iniziali del secondo movimento hanno segnato subito un’interessante atmosfera climatica.  

Il neo direttore principale dell’Orchestra della Toscana ha poi affrontato, nella seconda parte della serata, la Sinfonia n°1 in do minore op. 68 di Brahms. Un’opera massiccia, concentrazione del pensiero di anni, lavoro intensissimo e spesso ingrato, con una straordinaria abbondanza di materiale tematico e di complessa scrittura.

Una direzione molto accorta, a volte radicale già dall’attacco brutalmente rabbioso dell’introduzione, con in primo piano quel martellamento sfacciato dei timpani a coprire il canto degli archi. Una introduzione che ha promesso un taglio interpretativo lontano dalla tradizione e in realtà le sorprese si sono susseguite poi ininterrottamente per una esecuzione frastagliata e nervosa che ha mantenuto vivo l’interesse dell’ascolto, fino all’ultimo accordo.

Ceretta, dove gli era consentito, ha rinunciato alla monumentalità della sinfonia per farla travolgere da una sfrenata espressività, tutta spigoli e bruschi contrasti. Una conduzione la sua, di alto profilo, dove tutti gli attacchi sono stati perfettamente distribuiti e dove va messa in risalto anche il mezzo strumentale: la prova superlativa dell’intera orchestra areniana. Successo indiscusso della serata accolta dai cordiali del pubblico, tuttavia non molto numeroso contrariamente a quello della settimana precedente. Un vero peccato. (Gianni Schicchi)