Siamo attorno alle 50 unità, limite tra gestione ordinaria e quella emergenziale in cui serve attivare altri posti in terapia intensiva che sono già predisposti. Lo ha detto in conferenza stampa regionale Paolo Rosi, responsabile emergenza a livello regionale e coordinatore delle terapie intensive Covid. Non a caso sono di nuovo occupati posti anche al Magalini (vedi tabella). Il che vuol dire che bisogna spostare lì altro personale che viene distolto dalle sue funzioni ordinarie.
«Dai dati – spiega nella sua relazione – emerge chiaramente che stiamo ricoverando in terapia intensiva chi non si è vaccinato. Alcuni lo sono ma sapevamo già in partenza che per qualche paziente purtroppo la vaccinazione non sarebbe stata sufficiente e che altri hanno particolarità tali che li rendono più fragili e più esposti. I numeri, comunque, sono talmente bassi che ancora non possiamo fare una statistica che ci dica se c’è qualche fattore che possa determinare una non risposta o una risposta inferiore al vaccino. Siamo nel campo degli infinitesimali».
Rispetto ai dati delle scorse ondate sono cambiate nettamente le fasce d’età dei ricoveri. Prima era il 70% sopra i 70 anni. Oggi il 58% ha meno di 60 anni, il 27% è sotto i 50, 31% tra 50 e 60, 16% i 60enni, 20% i 70enni. Dal 1° maggio sono 257 ricoverati in terapia intensiva, che hanno completato il ciclo vaccinale in 18. 78% non è vaccinato, 14% 1 dose e 7% due dosi. Il dato su 100 mila tra i non vaccinati è 3 ricoveri, per chi ha una dose è 1,2, per i vaccinati è 0,17.
«Il calcolo dell’algoritmo dice che se nessuno fosse vaccinato avremmo 140 ricoveri in terapia intensiva, se fossero tutti vaccinati ne avremmo 7. Il dato evidente, dunque, è che le vaccinazioni hanno ridotto drasticamente i ricoveri». Guardando i deceduti, sono 57 dal primo maggio, solo 3 avevano completato il ciclo vaccinale. 1/4 ha più di 70 anni, 1/4 tra 60 e 70, 6 meno di 60 anni, 2 meno di 50. Chi viene ricoverato nei reparti normali resta circa 12 giorni, nelle terapie intensive 14-15 giorni, ma mediamente ben 71 in ospedale con punte di 150 giorni di degenza. Vuol dire che si esce dalla terapie intensiva con problemi che a volte si trascinano non si sa per quanto tempo anche nel futuro. 1 su 200 positivi finiva in terapia intensiva, ora 1 su 300.
«E’ irritante una delle argomentazioni usate da chi non vuole vaccinarsi e cioè che non si vuole curare a casa i contagiati. Fin dall’inizio, invece, al 118 si lottava coi pazienti per farli restane a casa. L’impegno della Regione da subito è stato quello di non portare all’ospedale tutti come invece hanno fanno altri che sono affondati. Tre giorni dopo il primo caso di Vo c’erano già i protocolli necessari. Ricoveriamo solo chi ha saturazione tale (sotto 92%) da rischiare la vita nonostante l’ossigenoterapia».
Una precisazione, infine, anche sui medicinali prescritti. «Il medico di base può ordinare tutti i farmaci che vuole. Se sono quelli indicati non deve fare nulla, se sono extra deve assumersi la responsabilità e spiegare al paziente che sta prescrivendo un farmaco previsto per altre patologie. Del resto è sempre stato così anche prima del Covid».
La conclusione del governatore Luca Zaia: «Questi sono i dati ufficiali e sono incontrovertibili. Dopo di che se uno non vuole vaccinarsi è una decisione sua e se non c’è un obbligo di legge è libero di farlo. Il Veneto adesso è tra le Regioni migliori. E infatti non sento più parlare quelli che a dicembre ci davano degli incapaci. Adesso è solo fortuna? Allora prima era sfortuna. La realtà è che questo è un virus strano, indecifrabile. Non reagisce sempre allo stesso modo e contemporaneamente in regioni diverse».
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