Sessant’anni di Pac, la politica europea comune sull’agricoltura: non è un bagaglio da poco considerando le ragioni per le quali quella politica è stata avviata col trattato di Roma e i risultati, anche contraddittori talvolta, raggiunti: se sessant’anni fa le urgenze erano quelle di garantire cibo a sufficienza sulle tavole dei cittadini europei e contemporaneamente mantenere i contadini, col tempo si è passati a gestire le eccedenze e le distorsioni produttive ed oggi al primario è chiesto molto, molto di più. Ad esempio, favorire la conversione energetica e la lotta al riscaldamento globale (anche se l’Europa pesa appena per il 10-11% delle emissioni globali ed è l’area più virtuosa del pianeta), ma anche la crescita dei diritti nei campi mettendo uno stop reale al dumping sociale.
Una nuova, grande, rivoluzione per l’Europa verde che il prossimo primo marzo, alla viglia di Fieragricola, si troverà a Verona coi suoi massimi rappresentanti per celebrare il passato e indicare la rotta della nuova Pac che entrerà in vigore il primo gennaio del prossimo anno. Oggi, a EurHope (le conversazioni sull’Europa organizzate dal professor Sergio Noto) il percorso è stato tracciato dal massimo esponente italiano del settore, l’europarlamentare già ministro Paolo De Castro, uno di quegli italiani “del Rinascimento” che hanno fatto, e stanno facendo, per il Paese molto di più di quanto non appaia. «La Pac ha affrontato la carenza di food, poi ha dovuto gestirne le eccedenze e le distorsioni, oggi ha il ruolo di essere uno dei facilitatori della transizione energetica – spiega De Castro -. Sempre con un ruolo da protagonista, anche se non esclusivo. Del resto che bisogni cambiare è evidente, così come sono macroscopiche le differenze: la situazione agricola è tesa, sono anni che la crescita della domanda non è supportata da un’analoga crescita dell’offerta. Basta un niente per scatenare rialzi e tensioni commerciali. Del resto, se soltanto la Cina consumasse pro-capite la stessa quantità di cibo dei Paesi occidentali servirebbero due mondi per sfamarci tutti. Questo ci impone di correre sulla strada dell’innovazione tecnologica in agricoltura che non significa stravolgere la natura con gli Ogm, ma sviluppare nuove tecniche, migliorare il patrimonio esistente anche genetico, abbattere l’utilizzo della chimica. Tutte cose che sono nell’agenda europea e che vedono l’Italia in una posizione di avanguardia e non di retroguardia».
Verona dunque sarà al centro della discussione e del confronto europei su questi temi, ma le imprese agricole cosa debbono attendersi dalla nuova Pac?
De Castro – intercettato da EurHope nel corso delle votazioni per il cancer-plane che rischiava di compromettere il comparto brassicolo, degli spiriti e la vitivinicoltura dell’Europa meridionale ed intervistato dal DG di VeronaFiere, Giovanni Mantovani, e dal professor Diego Begali – è chiaro: «La nuova politica europea offre un orizzonte temporale sicuro e stabile sino al 2027. Non è un pacchetto di semplice lettura – sono 400 pagine di documento – ma le linee guida sono chiarissime. Primo: dimensione ambientale; bisogna adeguare l’azienda agli eco-schemi della Pac, il 25% degli aiuti europei va direttamente alle aziende per azioni che impattano sul miglioramento dell’ambiente: abbattimento della CO2, riduzione della chimica; sviluppo dell’agricoltura di precisione; azioni per il benessere animale. Secondo, dimensione economica. Ci sono tantissime novità per la tenuta economica del primario, ogni categoria professionale ha presentato progetti ed azioni per il miglioramento del proprio comparto e l’Europa è al loro fianco. Dalle procedure tecniche allo sviluppo della cultura assicurativa che è l’arma migliore per tutelare i produttori dai nuovi grandi rischi dovuti al cambiamento climatico. I fondi sono importanti per rimettere in sicurezza le imprese. Terzo, dimensione sociale. banalmente, gli aiuti andranno a chi garantirà la sostenibilità sociale. Sembra assurdo dirlo, ma dobbiamo invece porre fine alla concorrenza sleale fatta sulla pelle di chi lavora».
Tutto rose e fiori?
«No, non nego che ci potranno essere problematiche nel cammino. Se sbaglieremo correggeremo la rotta in corsa. E’ un cambio epocale per come intendiamo l’agricoltura sino ad oggi: ad esempio, col “disaccoppiamento” ci saranno cambiamenti profondi nella ricezione degli aiuti che dal fattore quantitativo si sposteranno sulle corrette pratiche di produzione con l’obiettivo di riequilibrare gli aiuti concessi nei diversi Paesi così che un numero maggiore di operatori possa beneficiarne».