La protesta contro la chiusura totale del centro storico decisa dalla giunta Tommasi è fissata per le ore 14 di sabato 25 maggio davanti alla basilica di S.Anastasia. La manifestazione è organizzata dalla Corporazione Esercenti Centro Storico Verona ed è rivolta non solo ai residenti ed agli esercenti del centro storico, ma a tutti i cittadini veronesi che non vogliono che muoia.

Sul manifesto che pubblicizza l’evento campeggia la gabbia che il sindaco Damiano Tommasi e gli assessori Tommaso Ferrari e Italo Sandrini vogliono costruire attorno al cuore di Verona. E’ il simbolo della protesta di chi invece non vuole farsi ingabbiare.

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Animatore della manifestazione Tiziano Meglioranzi, presidente della Corporazione, fondata nel 2020, che raccoglie 600 esercenti, titolare della storica galleria ‘Il Mercante d’Oriente’, ora ‘Artep‘ negozio di tappeti di pregio, oggetti d’arte e d’antiquariato di arti primitive.

«Sabato 25 chiamiamo a raccolta tutti i veronesi che amano Verona. Non solo quelli che abitano o lavorano nel centro storico – annuncia Meglioranzi-. Perché il centro è un patrimonio di tutti che deve vivere. Hanno già chiuso ben 120 attività commerciali. E questo è un gran brutto segno. E ancora paggio è che l’amministrazione comunale, che dalla maggioranza dei nostri concittadini è stata votata, sta facendo di tutto per farlo morire. La decisone di procedere con la chiusura totale, chiedendo le finestre che in orari limitati ne permettevano l’accesso alle auto, sarebbe il colpo dei grazia».

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Ma la sua posizione è solo quella dei commercianti o è condivisa anche dai residenti del centro?

«No, no: sulle nostre pozioni c’è anche almeno la metà dei residenti che hanno capito che è anche nel loro interesse che il centro viva. Altrimenti se la gente non riesce più a raggiungerlo le attività economiche sono destinate a chiudere e di conseguenza le strade e le piazze a spopolarsi. E non bisogna essere degli scienziati per capire che il vuoto lasciato dalle persone normali che lavorano, vanno al bar o al ristorante o a fare shopping, viene riempito dai delinquenti e dai teppisti».

L’amministrazione comunale però dice di non volere la morte del centro. Anzi, sostiene che con la totale pedonalizzazione se ne avvantaggerebbero tutti, commercianti compresi…

«Non è così. Chiuderlo completamente potrebbe avere un senso solo se prima si fossero poste in essere le condizioni per poterlo fare. Ovvero dopo aver organizzato tutta una rete di trasporto pubblico atto a raggiungere il centro agevolmente, una cintura di parcheggio scambiatori, dove poter lasciare la macchina e salire su dei Bus che ti portino in centro con corse ogni 15 minuti e con dei nuovi garage a ridosso del centro con bus navetta che facciano servizio gratuito ogni 5 minuti. E invece prima chiudono tutto e poi…si vedrà. E’ come voler costruire una casa cominciando dal tetto!»

Però, dice l’amministrazione Tommasi, si può sempre andarci in bicicletta…

«Ma si guardi attorno: quante biciclette vede passare? Quelli che vanno in bici sono un’infima minoranza. E poi potranno farlo solo quelli che vivono a ridosso del centro. Ma quelli che abitano a qualche chilometro? Le persone di una certa età? Non scherziamo! Quelli che pensano che i veronesi di punto in bianco allo schivare di dita del sindaco cambino totalmente le loro abitudini e comincino ad andare in giro a piedi o in bicicletta sono fuori dalla realtà. E questo per chi amministra la città è un limite enorme».

Nel vostro manifesto si fa il paragone con le condizioni dei centri commerciali. Che cosa c’entrano?

«C’entrano, c’entrano…Prenda l’Adigeo: là ci sono 120 negozi che possono disporre di 2 mila posti auto gratis. Il centro storico, che è un centro commerciale a cielo aperto, ha 1200 negozi e zero posti auto. In proporzione dovrebbe averne 20 mila! Questa è un’iperbole, ma serve a far capire la disparità di trattamento fra queste realtà. Senza contare il valore economico, sociale, storico, culturale e turistico delle attività che esistono nel cuore della città, che noi né minimamente paragonabile. E, se proprio vogliamo andare fino in fondo, c’è anche una questione di legittimità costituzionale: l’Italia è o non è una “Repubblica fondata sul lavoro”, come recita la Costituzione?

Ecco – conclude Meglioranzi- noi vogliamo lavorare. E chi ce lo impedisce va contro la Costituzione. E se necessario solleveremo anche la questione della costituzionalità».