Si fa sempre più stretto il rapporto tra medici di famiglia e Ulss sul tema di vaccinazioni. Dopo il vax day a domicilio dedicato agli ultra ottantenni, sono state programmate altre due giornate 7 e 28 maggio per vaccinare a domicilio gli ultrasettantenni fragili e anche quelli non allettati ma con patologie croniche, come ad esempio diabetici, cardiopatici, asmatici. Al 14 maggio è stata programmata la seconda dose.
«Insieme ai nostri medici di base abbiamo deciso di approcciarci a una chiusura di un’altra grande fascia di età, ovvero almeno 80%, degli ultrasettantenni, che poi naturalmente continuerà come è stato con gli ultra ottantenni che vorranno – il direttore generale Pietro Girardi -. Mancano circa 27 mila persone, sono circa 9 mila al raggiungimento dell’80%. Dalle notizie che arrivano a livello nazionale, dopo i 60 si entrerà nella fasce produttive. Il che vuol dire che cambierà la strategia di approccio. Oltre ai farmacisti sta entrando infatti in campo anche il mondo delle aziende. Già fatto incontri al proposito. Ci sono realtà già pronte, alcune si sono offerte di diventare veri centri vaccinali».
Intanto procede a pieno ritmo la campagna nei centri attivati. «Abbiamo lavorato anche il primo maggio per non far rallentare la vaccinazione. Se si vede che resta qualche dose vengono subito messe a disposizione delle prenotazioni. Cerchiamo di ricavare addirittura 7 dosi anziché 6. La Regione ha comprato siringhe particolari per facilitare le cose. A ieri i cicli completi erano 102.992, 114.385 le prime dosi. La programmazione che stiamo cercando di fare ha un vincolo fondamentale. Sappiamo i vaccini che ci saranno consegnati alla data del 19 maggio. Oltre non sappiamo nulla. Abbiamo messo in piedi un ambaradan incredibile, confidando sugli arrivi. Doppio risultato da ottenere: riuscire a ingaggiare sempre più persone in grado di farei vaccini se, come dicono, arriveranno montagne di vaccini. Non dovrà mai succedere che ci siano vaccini fermi con persone che chiedono di essere vaccinati».
Il presidente dell’ordine dei medici Carlo Rugiu sottolinea la partecipazione della categoria fino alla discesa in campo dei medici di famiglia. «In realtà non aspettavano altro che il ministro Speranza firmasse la disposizione per poter partire».
Guglielmo Frapporti evidenzia la grande intesa che si è creata con l’Ulss per lavorare insieme. «Stiamo cercando di mettere in piedi centri vaccinali territoriali. I medici di famiglia sono la prima forza vaccinale all’estero, in Italia sono stati coinvolti solo dopo tre mesi. Ma ora siamo in campo, superando anche le difficoltà legate alla gestione del freddo per Pfizer per andare a vaccinare a casa nei luoghi anche più dispersi e con le attrezzature per gestire anche gli eventuali eventi avversi». Franco Bertaso aggiunge: «Oltre ai domiciliari saranno importanti i centri territoriali dove accogliere chi può spostarsi. L’unico problema è non avere i Pfizer per i fragili nei nostri centri».
Il direttore Pietro Girardi guarda già avanti: «Se osserviamo cosa succede all’estero, la prospettiva è che dopo il richiamo non si ferma tutto, anzi si dovrà continuare sembra con altre vaccinazioni. Quindi bisogna saper mettere in grado una macchina organizzativa in grado di essere sempre attiva per le vaccinazioni, se servirà. Vaccino è l’arma fondamentale che abbiamo a disposizione ma non è tutto. Va rimarcato tutti i giorni che non devono essere accantonate le altre misure di prevenzione che abbiamo utilizzato sino ad oggi. Le scene viste dopo le riaperture vanno rimarcate al fine di evitare che i positivi siano in crescita. Impegno all’interno degli ospedali non è finito. La mappa dei punti vaccinali è ancora la stessa, altri ne apriremo come Ulss. Ma stanno aumentando i centri vaccinali dei medici di base insieme ai sindaci».
Ma non c’è solo Covid. E’ stata presentata anche l’iniziativa ‘’Il volontariato nell’ospedale’’. Si è pensato, infatti, di fare un corso di formazione per dare qualcosa di aggiuntivo ai volontari. «Abbiamo visto quanto sia importante il loro ruolo – sottolinea Marta Zaninelli -. E’ il primo passo di un percorso per chi vuole approcciare ad aiutare in ospedale dove c’è bisogno anche fuori dal Covid».
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